Contenuto in bassa frequenza nei terremoti vulcanici del Monte Etna e danneggiamento degli edifici

Autori

  • G. Milana
  • A. De Sortis
  • A. Rovelli

Abstract

Subito dopo il terremoto del 29 Ottobre 2002, che ha interessato il versante orientale dell’Etna, sono apparse evidenti alcune peculiarità del danneggiamento. La prima è che il livello di danno è risultato più alto di quanto atteso in relazione alla modesta magnitudo dell’evento; inoltre, i danni sono stati abbastanza più pronunciati su edifici medio-alti, soprattutto in calcestruzzo armato (c.a.), rispetto ad edifici più rigidi, per esempio in muratura. Il primo aspetto è in genere attribuito alla superficialità dei terremoti dell’Etna, mentre sul secondo aspetto potrebbe essere ipotizzabile una maggiore vulnerabilità degli edifici più danneggiati. In questo studio dimostriamo che il maggior contenuto a bassa frequenza (minore di 1 Hz) dei terremoti vulcanici può aver giocato un ruolo determinante su entrambe le peculiarità. Infatti, le magnitudo locali risultano sottostimare l’entità del terremoto, in quanto lo strumento usato nella procedura standard (sismometro Wood-Anderson) ha una frequenza di taglio a 1.25 Hz. Inoltre abbiamo verificato che gli elevati valori di spostamento spettrale, ai periodi di vibrazione degli edifici medio-alti, possono giustificare la selettività del danneggiamento. Constatata la necessità di dover abbandonare la strada delle magnitudo convenzionali, è opportuno predisporre delle procedure per una valutazione immediata, possibilmente in tempo quasi-reale, del potenziale distruttivo dell’evento. A tale scopo abbiamo messo a punto un algoritmo che utilizza le ordinate spettrali, più direttamente correlate con le ampiezze delle oscillazioni delle strutture.

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