Fatti ‘quasi’ a mano. La trasformazione del mobile d’arte in Brianza

Autori

  • Simone Ghezzi

DOI:

https://doi.org/10.14672/ada2015378%25p

Parole chiave:

artigianato, arredamento, delocalizzazione, apprendistato, valore

Abstract

L’obiettivo di questo saggio è quello di riflettere sulle criticità che emergono dal processo di valorizzazione della produzione artigianale di un bene di lusso: il mobile d’arte. Basandomi sulla mia ricerca etnografica ancora in corso nel distretto industriale del legno-mobile-arredo della Brianza, mi soffermo sulle modalità attraverso le quali si aggiunge valore materiale e simbolico a merci artigianali considerate prodotti di “qualità”, mettendo in luce dapprima le voci contrastanti degli artigiani stessi convolti nel discutere la rappresentazione dell’oggetto del loro lavoro e illustrando successivamente come costoro si misurano con le criticità provenienti sia dal contesto locale, sia dall’economia globalizzata. L’artigianato artistico in senso lato sopravvive in simbiosi con la produzione industriale con inevitabili esiti di convergenza, ma si sostiene attraverso una produzione rivolta interamente a soddisfare le richieste di nuove élite di consumatori, per i quali alla funzione pratica di questi beni si somma, anzi, si sostituisce quella del prestigio e dell’ostentazione del lusso, ragion per cui il loro valore deve mantenersi elevato. Qui si ritorna però alla criticità intrinseca al processo di valorizzazione del prodotto, perché il presunto criterio oggettivo di eccellenza – il cosiddetto lavoro di qualità – deve essere costantemente ricalibrato al suo interno, a causa della drastica diminuzione delle botteghe artigianali e dell’invecchiamento delle maestranze.

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