La necessità della ferita
Lo sradicamento di Attilio Bertolucci tra poetica e poesia
DOI:
https://doi.org/10.14672/20222057Parole chiave:
Trauma; Ferita; Sradicamento; Poesia; Paesaggio.Abstract
Nell’aprile del 1951 Attilio Bertolucci abbandona la campagna parmense per trasferirsi a Roma. Nei componimenti poetici e nelle riflessioni che li accompagnano, questo esilio volontario è descritto come un’esperienza ancipite: da un lato, è un lacerante sradicamento che rischia di rendere impossibile la poesia, per l’autore strettamente dipendente dal plein air natio; dall’altro, è un’occasione di rinnovare questa stessa poesia liberandola dal «mito troppo dolce» in cui era invischiata. Soffermandosi sugli anni di In un tempo incerto (1955) e Viaggio d’inverno (1971), l’articolo intende dunque indagare l’opera poetica e critica bertolucciana per approfondire la natura doppia dell’esilio. Per Bertolucci però la medesima ambivalenza sembra riguardare qualsiasi condizione traumatica. Perché in ultima istanza è proprio il trauma ciò che nutre la poesia.
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