Tra(u)ma: racconto della perdita e perdita del racconto nella narrativa statunitense metamoderna
DOI:
https://doi.org/10.14672/20222021Keywords:
Trauma; Morte; Racconto; Metamoderno.Abstract
La narrativa metamoderna, «come la psicoanalisi, è interessata alla complessa relazione tra sapere e non sapere» instaurata dalla perdita della memoria traumatica ed è proprio «nel punto specifico in cui il sapere e il non sapere si intersecano che il linguaggio della letteratura e la teoria psicoanalitica dell’esperienza traumatica si incontrano» (Caruth). Il carattere apotropaico, restitutivo, risarcitorio del racconto, descrivibile in termini freudiani come conseguenza di una vittoria seppur circoscritta e/o velata sulla rimozione attraverso una presa di coscienza di ciò che è stato rimosso, ci ricorda che, «se il trauma è una crisi della rappresentazione, allora questo genera possibilità tanto quanto impossibilità narrative» (Luckhurst). Negli ultimi decenni l’esplorazione di queste possibilità è stata così intensa e frequente da creare un nuovo genere letterario incentrato sul tema del trauma (la cosiddetta trauma fiction) e caratterizzato da stilemi ricorrenti. Dopo la ricostruzione di una cornice teorica che collega la nascita dei trauma studies con quella dell’ermeneutica letteraria, questo saggio prende in esame due esempi recenti di rappresentazione narrativa metamoderna del trauma: Extremely Loud & Incredibly Close (2005) di Jonathan Safran Foer e A Little Life (2015) di Hanya Yanagihara.
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