Neuroretorica dello "straniamento"

Autori

  • Stefano Calabrese Università di Modena e Reggio Emilia
  • Valentina Conti Università di Modena e Reggio Emilia

DOI:

https://doi.org/10.14672/20253126

Parole chiave:

Straniamento, Verfremdung, Novità, Emisfero sinistro, Sindrome di Stendhal, Processo predittivo

Abstract

La teoria dello straniamento teorizzata dal formalista russo Viktor Šklovskij ha trovato un avallo probatorio nell’ambito del gestaltismo e parziali opposizioni nella comunità scientifica degli ultimi anni, soprattutto nell’ambito del neuro-cognitivismo. Psicologi e neuro-scienziati hanno infatti messo in luce non solo come l’emisfero destro del cervello umano sia specializzato nel processare l’ignoto prima che intervenga l’emisfero sinistro a operarne una classificazione, ma come la novità costituisca un pericolo potenziale là dove l’ippocampo non trova archiviato nulla di simile, e quindi l’azione fondamentale svolta dal cervello – il predictive processing – può incorrere in errori previsionali e incrinare il circuito della ricompensa: anche la cosiddetta sindrome di Stendhal va riletta oggi come effetto pernicioso del novum sul cervello. Il contributo storicizza il concetto di novità a partire dal primo Novecento e lo raffronta all’attuale proliferazione di serializzazioni e adattamenti, che agiscono in modo opposto allo straniamento di Šklovskij, dando luogo alla ripetizione e al sempre-uguale dell’estetica mainstream.

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Pubblicato

2025-11-20

Come citare

Calabrese, S., & Conti, V. (2025). Neuroretorica dello "straniamento". Comparatismi, (10), 471–490. https://doi.org/10.14672/20253126