Un ethos compassionevole. La sofferenza come linguaggio, l’ascolto come politica
DOI:
https://doi.org/10.14672/ada2006148%25pAbstract
In Naven, studio classico dell’antropologia culturale e psichiatrica,Gregory Bateson (1936) propone di indicare con ethos “l’espressione di un sistema culturalmente standardizzato di organizzazione degli istinti e delle emozioni degli individui”. Prima di utilizzare il concetto così definito nell’interpretazione della società iatmul della Nuova Guinea, cui ha dedicato una ricerca etnografica, egli propone un sorprendente giro attraverso la cerchia degli intellettuali britannici al fine di mostrare l’estensione del concetto, di presentarlo in un contesto che sia familiare ai suoi lettori e, infine, di respingere preventivamente ogni prospettiva esotizzante. Nei comportamenti di questa élite, possibile reperire, spiega Bateson, dei codici che regolano ciò che, di contro, appare come perfettamente naturale: un certo modo di parlare, di fare dello spirito, di soppesare come ci si debba comportare o discutere. Questo “insieme definito di sentimenti nei confronti del resto del mondo” e questo “atteggiamento definito nei confronti della realtà” sono caratteristici di questo gruppo e ne “determinano i comportamenti”.Downloads
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